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sabato 2 marzo 2013

Come vorrei si affrontasse la situazione politica

Come vorrei che si affrontasse la situazione politica post-elezioni?
Visto che tutti dicono di volere "il bene del paese" (che brutto chiamare l'Italia "il paese"), allora che si provi ad andare al di là degli schieramenti e degli interessi strettamente di bottega politica.
Vediamo un po'.
Grillo aspetta il governissimo, così potrà dire che sono le solite alchimie politiche italiane, e alle prossime elezioni il suo Movimento 5 stelle farà il pieno. A casa mia questo si chiama "tanto peggio tanto meglio".
Bersani dice che lui il governo non vuole farlo con il PdL, e questa a me sembra una posizione che mira all'interesse, legittimo, del suo partito, ma non "del paese".
Il PdL mira a fare il governo di "larghe intese" innanzi tutto per restare attaccato al potere, e poi per avere la possibilità di mettersi di traverso su qualche tema (penso al conflitto di interesse, alla legge anti-corruzione, eccetera).
Allora suggerirei umilmente questa proposta: il segretario del PD, partito di maggioranza, si faccia dare l'incarico di formare il nuovo governo e poi si presenti in Parlamento, con un programma fatto di poche cose, pochi punti semplici ed essenziali.
Mi direte che non è una novità.
In termini di principio ovviamente no; io però quando parlo di pochi punti semplici penso a qualcosa di diverso da quello che si sente dire comunemente.
Perché qua tutti parlano di riduzione del numero dei parlamentari, di riduzione del compenso degli stessi, di legge sul conflitto di interessi, di eliminare il finanziamento dei partiti: tutte cose ottime e da fare, ma credo che ci siano cose più urgenti e di impatto più immediato, che forse il popolo comune, quello che una volta si chiamava l'uomo della strada saluterebbe con maggiore entusiasmo.
Facciamo ad esempio una legge che congeli le multe di Equitalia, che servirebbe a ridare un po' di respiro a tante persone.
Dopo di che avvierei un concreto programma di semplificazioni burocratiche: perché uno studio che ha due dipendenti deve avere le stesse norme di sicurezza di una fonderia?
Semplifichiamo un po' le norme fiscali: perché ad uno studio professionale serve un commercialista?
Rilanciamo, ma sul serio, la piccola edilizia privata: perché per spostare un divisorio interno a casa mia devo presentare una pratica ma andare prima alle Poste e farmi mettere la data sulla relazione descrittiva?
Ecco, partiamo da qui: vediamo chi non ci sta

sabato 24 novembre 2012

Quando è un libro a venirti incontro


Quando avevo dieci anni, o forse meno, mi capitò di leggere una storia a fumetti su un giornalino, una storia che deve avermi colpito, perché l'ho sempre ricordata perfettamente. I contorni invece sono sfumati: per qualche motivo associo questo ricordo a mia nonna, può darsi che sia stata lei a comperarmi quel giornalino. Oppure, più probabilmente, poiché era una pubblicazione destinata a ragazzi più grandi di me, l'avevo trovato nella casa di mia nonna a Modena, nella stanza nella quale abitualmente dormivo quando andavo da lei. Quella camera, infatti, veniva spesso affittata ai calciatori della squadra del Modena, i quali nel fine settimana vi lasciavano libri, giornali, ed anche giornalini, appunto. La storia era di ambiente natalizio, parlava di una coppia di sposi che viveva in una città americana, forse New York. Due persone poverissime: lui un musicista di strada, lei senza lavoro, forse erano gli anni della Grande Depressione. La vigilia di Natale i due sposi erano, ciascuno per proprio conto, in angoscia: nessuno dei due aveva i soldi per comperare il regalo di Natale all'altro. Lei avrebbe voluto comperare una catena per l'orologio del marito, l'unico oggetto di valore che lui possedeva; lui avrebbe voluto regalare alla moglie un pettine istoriato per i suoi splendidi capelli.
Così, all'insaputa l'uno dell'altra, ognuno dei due pensò di usare, per poter acquistare quel regalo, ciò che aveva di più prezioso: lui vendette il suo orologio e lei i suoi capelli ad una signora che faceva parrucche. Ma quando più tardi si ritrovarono a casa ed aprirono i rispettivi regali, si accorsero che ormai entrambi erano inutili, e restavano soltanto i loro reciproci gesti d'amore.
Non ho mai più trovato questa storia, da nessuna parte, non avevo nemmeno alcun riferimento, non ne conoscevo l'autore, non ricordavo un nome, niente.
Oggi però sono entrato da Feltrinelli, ed ho visto lo scaffale dei libri già allestito per il Natale.  Non volevo soffermarmi, per me Natale comincia l'otto dicembre, e poi quei libri sono spesso raccolte di racconti fatte apposta per vendere qualcosa di più per le feste. Ma c'era una copia, una sola, di un libretto di color rosso mattone: "Una storia di Natale non finita" di O. Henry. L'ho preso nelle mani, l'ho sfogliato; ho aperto a caso una pagina, era l'inizio di un racconto dal titolo "Il Regalo dei Magi". Dalle prime parole ho capito che era quella storia, ed ho subito acquistato quel libretto.
Qualche volta mi hanno chiesto come faccio a scegliere un libro. Ecco, a volte i libri ti vengono incontro.

domenica 30 ottobre 2011

Contro la carcerazione preventiva

Sono contrario alla carcerazione preventiva, sempre. Farei eccezione per reati gravissimi, per chi e' trovato in flagranza di reato, e basta.
In galera si va dopo una condanna, non prima. Non si deve andare in carcere perché qualcuno dice che qualcun altro ha fatto qualcosa. La privazione della libertà personale e' un danno irreparabile, non risarcibile. Lo so che il nostro codice dice che si può applicare la custodia cautelare quando ricorrono certe circostanza, il pericolo di fuga, la reiterazione, l'occultamento delle prove, ma non me ne frega niente. Io sono contro.
Ma al di la' delle questioni puramente di diritto, c'è un aspetto che mi preme sottolineare: la custodia cautelare, così come viene applicata oggi in Italia, e' un problema che riguarda tutti noi, tutti, nessun escluso. Non mi dite che siccome siete onesti e cristallini nessuno potrà accusarvi mai di niente. No, non funziona così. Può succedere che qualcuno abbia per caso il vostro numero nella rubrica, può succedere che qualcuno si sbagli e pensi di avervi visto da qualche parte. Oppure che qualcuno interpreti male qualcosa che invece voi avete fatto bene. Fantasie? No, e' tutto gia' capitato. Anni fa un mio collega ingegnere dirigente di un comune fu arrestato per un cambio di destinazione di un terreno, giudicato abusivo. A cena con gli amici dissi che, potendo io essere al suo posto, avendo uguali titoli, io quella sera sarei stato in galera, perché avrei fatto lo stesso. Perché la legge diceva che si faceva così come lui aveva fatto. Uguale. Il collega e' stato assolto, ma si e' fatto qualche giorno di carcere, del tutto inutilmente.
E ora, ciascuno di voi, per favore, si domandi: ma io, in nome e nel supremo interesse della giustizia, ci andrei in galera sulla base di una testimonianza sbagliata di qualcuno?

venerdì 28 ottobre 2011

Liberalizzare le professioni?

Parliamo di professioni.
Tutti gli economisti liberali propongono un programma di liberalizzazione delle professioni, con l'abolizione dei privilegi dei professionisti.
Sono un professionista, ma io di privilegi non ne vedo. Nessuno mi ha impedito l'accesso all'Ordine professionale: ho superato l'esame di stato studiando, come tutti i miei compagni di studio. Ho uno studio professionale, in cui lavoro anche dodici ore al giorno, a volte anche di sabato, domenica e nei giorni festivi. Non ho ferie pagate, anzi: se vado in ferie non soltanto pago le spese per le mie vacanze, ma in quei giorni non guadagno perché non lavoro. Le mie ferie non sono sacre: se al momento di partire capita un impegno di lavoro inderogabile non parto, o rimando la partenza. E' già successo, non c'è nulla di strano. Io non ho diritto di sciopero: se un cliente non mi trova torna il giorno dopo, oppure va da un altro. Io non ho un sindacato che mi difende, e non sono autorizzato a dire che non lavoro perché ho finito la carta: devo alzarmi ed andare a comperarla. Idem per la benzina.
Ho un volumetto con le tariffe professionali, ma ormai ha un dito di polvere. Nessuno mi paga secondo le tariffe professionali. Lavoro per imprese, e tutte mi fanno lo stesso discorso: per questo lavoro ti pago x: se ti va bene ok, altrimenti ce ne sono cento che fanno la fila per fare questo lavoro a questo prezzo. E noi quindi non saremmo soggetti al mercato?
Leggo sui blog di qualche giovane politico che si propone di inquadrare i professionisti entro strutture "complesse", simili ad aziende. Significa uccidere il lavoro autonomo, spersonalizzarlo, eliminare il rapporto col cliente che con il professionista vuole parlare. Il professionista non si limita ad espletare un incarico, il professionista ascolta, consiglia, suggerisce. Una struttura complessa eliminerebbe questo rapporto e lascerebbe il cliente solo di fronte al suo problema. Faccio consulenze per una banca. Pur operando in favore dell'istituto di credito, il mio lavoro e' stato spesso di tutela anche nei confronti del cliente della banca stessa, tanto che il cliente e' tornato da me per chiedermi consiglio per necessita successive. Ora una fetta del mio lavoro e' stata affidata ad una struttura di professionisti come quella che si propone, così come era già successo in passato. Eppure l'esperienza non era stata positiva tanto che era stata terminata: consulenze svolte a volte con sopralluoghi quanto meno affrettati, totale spersonalizzazione del rapporto, tanto che le consulenze non recavano nemmeno la firma degli autori. Al termine di quella esperienza mi furono affidati alcuni incarichi di revisione delle consulenze, con aggravio di costi per la banca.
E' questo che si vuole?